Quando, la mattina del 5 aprile 2000, ci imbarcammo sull’Airbus presidenziale per una visita alla martoriata città di Sarajevo, in Bosnia, sul volo erano presenti tutti i Capi di Stato Maggiore delle Forze Armate con il Ministro della Difesa Sergio Mattarella. La visita della città in piena rinascita fu commovente. Nel volo di rientro, Ciampi mi chiamo nella sua cabina e mi chiese cosa pensassi del viaggio. Risposi che forse i nostri militari si sarebbero meritati di riavere la sfilata del 2 giugno. Il Presidente allora volle sentire le reazioni dei militari. Chiamo il Generale Mario Arpino, Capo di Stato Maggiore della Difesa. Poi si aggiunse l’Ammiraglio Biraghi, il Consigliere Militare del Presidente. La conversazione si allargò gradualmente ai capi di Stato Maggiore delle Forze Armate e anche a noi.
Notai un po’ di sconcerto. I vertici militari ondeggiano di fronte alla proposta presidenziale. Dicevano: «E poi? Ci sosterranno i politici? Tecnicamente si può fare». Si sviluppò una discussione un po’ prematura su dove fare la sfilata in prima istanza – il Presidente era contrario ai Fori Imperiali – ma discutendo eravamo già sul cielo di Roma. Ciampi tagliò la discussione dicendo che avrebbe incaricato il Segretario Generale del Quirinale Gifuni di convocare una riunione sull’argomento. Naturalmente, si trattava di una notizia importante e decidemmo di farla filtrare a piccole dosi. L’Unità stava preparando un grande inserto per il 25 aprile e mi telefonarono per avere un intervento del Presidente da pubblicare. Feci balenare l’ipotesi del ripristino del 2 giugno, con tanto di sfilata militare, e la reazione mi parve positiva. Pubblicarono la notizia, in anteprima, proprio il 25 aprile del 2000, mentre Ciampi era Sant’Anna di Stazzema.
Nel frattempo, si avviarono riunioni frenetici con la Rai e Pierluigi Celli, all’epoca Direttore Generale, assicurò il massimo impegno, ipotizzando perfino una trasmissione con Agostino Saccà, allora direttore di Raiuno. Celli garantì anche la produzione del logo, che venne realizzato dalla Direzione guidata da Giuliana Del Bufalo e quando ce lo mostrarono ci rendemmo conto che era molto ben riuscito. Un due disegnato in un cielo azzurro dal fumo delle frecce tricolori: 2 giugno, la festa degli italiani.
Per la sfilata, le cose furono un po’ più complicate. Si tennero riunioni con il Presidente che, alla fine, si rassegno al fatto che l’unico luogo veramente adatto fosse proprio la via dei Fori Imperiali che, fra l’altro, il Comune aveva cominciato a pedonalizzare la domenica. Visto che il giorno non era ancora festivo, la sfilata si sarebbe svolta – come negli anni ‘80 – la prima domenica di giugno, il 4. L’evento venne annunciato ufficialmente dal Ministro della Difesa Mattarella in un’intervista a Il Messaggero del 17 maggio 2000.
La preparazione del 2 giugno si era intrecciata con la prima grave crisi politica gestita da Ciampi, le elezioni regionali e le dimissioni del Governo D’Alema. Il nuovo esecutivo, guidato da Giuliano Amato, era in carica da pochi giorni e si trovò all’improvviso nel cuore della preparazione di una celebrazione che non aveva previsto. La polemica scoppiò, come spesso accade, per la questione degli inviti. Giustamente, il Governo aveva invitato alla sfilata, interrotta nel 1987, i Presidenti delle Regioni. Apriti cielo! Non solo i leghisti, ma addirittura anche personaggi di primo piano del Polo, come Formigoni e Galan, dichiararono che non avrebbero partecipato. Il Presidente della Lombardia Formigoni aveva appena organizzato una cerimonia di giuramento regionale che aveva suscitato polemiche anche nel Centrodestra, mentre taluni protestarono per essere stati invitati troppo tardi.
I giornali stigmatizzano l’atteggiamento della Lega e la maleducazione istituzionale dei cosiddetti Governatori. Berlusconi, che sentiva il vento mutare a proprio favore, non vide di buon occhio l’idea di una polemica che rischiava di metterlo in contrasto con Ciampi e diede il segnale di freno: nessuno sparò più sul 2 giugno, i Governatori tornarono sui loro passi e Formigoni telefonò personalmente al Capo dello Stato. Perfino la Lega annunciò una delegazione di esploratori alla sfilata.
Ricordo bene la fresca mattina del 2 giugno del 2000 alle 8,30, mentre aspettavamo l’arrivo del Ministro della Difesa Mattarella che avrebbe dovuto accompagnare il Presidente. L’Ammiraglio Biraghi era magnifico in uniforme con tutte le decorazioni di grande formato, la fascia di Cavaliere di Gram Croce dell’OMRI sopra la sciarpa azzurra «Sembri un albero di Natale – disse scherzando il Prefetto Alberto Ruffo – che non aveva mai condiviso l’entusiasmo per le divise.
Tutto andò per il meglio. Soprattutto, ci fu un vero e proprio successo popolare. Circa duecentomila persone si affollarono in Via dei Fori Imperiali, mentre molti si accorsero della sfilata aprendo la televisione sulla diretta di Raidue, che mostrò il lento procedere della Flaminia presidenziale, scortata dai Corazzieri a cavallo in uniforme di Gran Gala, dal Colosseo alla tribuna centrale; risuonò allora l’inno nazionale. Quando l’auto passò davanti al palco riservato ai sindaci con le fasce tricolori, Ciampi alzo le braccia con i pugni chiusi come un gesto di vittoria che fu immediatamente immortalato dai fotografi. Il Presidente ha raccontato più volte che il momento in cui si rese conto del successo dell’iniziativa fu mentre risaliva la Via IV Novembre verso il Quirinale. Era seduto sulla vettura scoperta accanto al Ministro Mattarella, ma dovette alzarsi in piedi per rispondere alla gente che gli gridava «Bravo!» e lo ringraziava per aver ridato alla nazione una festa tanto amata. «Ma è possibile – disse allora Mattarella – che nessuno ci avesse pensato prima? È chiaro che la gente ha bisogno di queste occasioni per riconoscersi per riscoprire l’orgoglio di essere italiani…» Mattarella, che aveva iniziato la giornata con uno sguardo un po’ preoccupato, ora appariva disteso e soddisfatto. L’ultimo momento della festa fu la lunghissima coda, che iniziava quasi dalla Fontana di Trevi, per l’ingresso gratuito nei Giardini del Quirinale. Fu una sorta di gigantesco picnic popolare, per la verità con qualche problema per il manto erboso e per talune siepi storiche, ma quando, verso le 19, i coniugi Ciampi si fecero largo tra la folla, ai giornalisti fu evidente che il successivo passaggio obbligato sarebbe stato il ripristino del 2 giugno come giorno festivo. E il Presidente, felice, si fermò a conversare a lungo con loro.
Nei giorni immediatamente successivi, il Segretario Generale del Quirinale Gifuni avviò una efficacissima azione di sensibilizzazione con il Senato, la Camera e i partiti per varare un’iniziativa parlamentare che unificasse i diversi progetti di legge di ripristino della festività del 2 giugno. L’operazione riuscì e il 14 novembre del 2000 la legge fu approvata dalla Commissione Affari costituzionali della Camera in sede deliberante.