Discorso del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi
in occasione della cerimonia celebrativa del 50°anniversario
dell’istituzione dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana
Caro Presidente Cossiga,
Signor Presidente della Corte Costituzionale,
Signori Rappresentanti del Parlamento e del Governo,
Signore e Signori,
oggi festeggiamo i cinquant’anni della legge che istituì l’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Voglio premettere una riflessione su due concetti – merito, repubblica – tra loro intimamente connessi.
Scriveva un grande italiano, Nicolò Machiavelli: «il vivere libero […] propone onori e premii mediante alcune oneste e determinate cagioni, e fuora di quelle non premia né onora alcuno». Penso che questa frase potrebbe ben figurare come motto dell’Ordine al Merito della nostra Repubblica.
Per Machiavelli, premiare il merito – e non nobiltà o ricchezza – è la base stessa del “vivere libero”, segno di una nazione nella quale regna il governo della legge. Pietro Lorenzetti lo ha illustrato nella Sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena. E che cosa è una repubblica se non una libera comunità nella quale il merito degli individui si afferma senza ostacoli e contribuisce al progredire della Patria?
Il merito deve essere uno dei principi fondanti del comportamento dello Stato, della Pubblica Amministrazione, delle istituzioni di governo, centrali e locali. Se il merito, l’innovazione, la capacità di collaborare con gli altri, la volontà di migliorare l’istituzione nella quale si opera, se queste virtù si affermano, ciò è motivo di fiducia in primo luogo per i giovani, di coraggio e libertà nelle scelte individuali.
Vi confesso che, quando ero Ministro del Tesoro, più di una volta ho avuto l’impulso di cambiare il modo di compilare gli elenchi di onorificenze del Ministero, tradizionalmente fatte per anzianità.
Certo, anche l’anzianità ha la sua importanza. Ma avrei voluto che una parte di quei riconoscimenti andassero a chi aveva avuto durante l’anno idee significative; a chi, magari, aveva innovato e cambiato il modo di lavorare di un ufficio, il modo di rendere un servizio ai cittadini.
È tempo che le amministrazioni dello Stato sappiano non solo guardare meglio dentro di sé, ma anche cercare il merito in quei settori della società civile che operano, accomunati dal desiderio di migliorare la vita della nostra comunità.
La mentalità che abbiamo il dovere di combattere all’interno della amministrazione è quella dell’apatia e della scarsa considerazione del proprio lavoro.
L’ho detto in altre occasioni: poche frasi mi urtano come quando alla domanda «Perché hai fatto così?» mi sento rispondere «Perché si è sempre fatto così»; o alla domanda «Perché non hai fatto questo?» si risponde «Perché nessuno me lo ha chiesto».
In questa occasione, aggiungo una terza frase che trovo odiosa, per la cultura che in essa traspare, ed è quella – una vecchia frase – «Un mezzo sigaro toscano e una croce di cavaliere non si nega a nessuno». È una frase che è spia di un atteggiamento agli antipodi dei valori repubblicani, agli antipodi dell’Italia moderna che, con le giovani generazioni, stiamo costruendo.
I Padri Costituenti vollero porre il conferimento delle onorificenze esplicitamente tra i doveri del Presidente della Repubblica, all’articolo 87.
La Repubblica fondata sul lavoro, sulla libera espressione delle proprie capacità, la Repubblica che promuove l’arte e la scienza, che assicura l’istruzione, che difende il territorio e il patrimonio artistico, la Repubblica, forte di questi valori, volle onorare i suoi cittadini. Già mentre la Costituente era al lavoro, nel gennaio 1947, venne istituita da De Nicola, Capo provvisorio dello Stato, su proposta di Nenni, Ministro degli Esteri, la prima onorificenza repubblicana, la Stella della Solidarietà Italiana, dedicata agli emigranti, agli italiani all’estero, proprio come segno di riunione e di riconciliazione della comunità nazionale, in patria e nel mondo, dopo la terribile cesura della dittatura e il dramma della guerra.
Abbiamo pubblicato, in occasione della cerimonia di oggi, il dibattito parlamentare sulla legge che cinquant’anni anni fa istituì l’Ordine al Merito.
Come Capo dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, ne voglio ricordare i fondamenti, così come sono descritti dall’articolo 1 dello Statuto: «L’Ordine al Merito della Repubblica […] è destinato a ricompensare benemerenze acquisite verso la Nazione nel campo delle scienze, delle lettere, delle arti, dell’economia e nel disimpegno di pubbliche cariche e di attività svolte a fini sociali, filantropici e umanitari, nonché per lunghi e segnalati servizi nelle carriere civili e militari».
Vorrei aggiungere alcuni punti finali più di carattere specifico.
Primo. La lettura del dibattito parlamentare del 1951 chiarisce che la fonte unica degli onori è la Repubblica, nello spirito richiamato da Machiavelli. Non è consentito fregiarsi di onorificenze straniere, se non in occasioni di visite di Stato. L’uso di onorificenze private è escluso.
Secondo. Al momento in cui sono diventato Capo dell’Ordine, ho promosso una riduzione del numero massimo annuo di onorificenze conferibili. Da 15.000 l’anno siamo scesi a 10.000. Vedo con favore una ulteriore riduzione a 8.000.
Terzo. Per quanto riguarda i criteri guida nella politica dei conferimenti, è molto importante che si sappia guardare alla società civile, che si sappia conoscere e individuare il merito laddove si forma, a cominciare dalle province, dai Comuni e non dal centro.
Bisogna dare la giusta attenzione a chi si è prodigato in occasione di gravi calamità naturali, anche senza compiere atti di eroismo – che d’altra parte vengono premiati con le medaglie al valore e al merito civile – ma operando con prontezza, con intelligenza, con impegno.
L’onorificenza conferita l’anno passato di cui sono più orgoglioso è quella data ai due ingegneri che trovarono, in tempo, la soluzione tecnica per evitare la distruzione del ponte ferroviario sul Po durante la piena del fiume; fu una questione di ore.
Dobbiamo guardare al ruolo che oggi ha assunto nella società il volontariato. Sono felice di aver potuto onorare suor Alma Castagna, volontaria da decenni in Timor Est.
Dobbiamo segnalare coloro i quali hanno conservato le conoscenze delle tecniche artigiane, delle tradizioni e delle culture locali, delle città, dei paesi, delle regioni d’Italia. Abbiamo il dovere di premiare coloro che – spesso in solitudine – insegnano e diffondono la lingua italiana nel mondo. Dobbiamo dare la giusta attenzione al mondo della scuola, della formazione, della ricerca e dell’Università, a tutti coloro che si occupano ogni giorno della formazione dei nostri giovani.
Quarto. Va ricuperato il ritardo residuo rispetto agli obblighi di legge, che prevedono che i conferimenti avvengano ogni anno in occasione della Festa Nazionale della Repubblica e dell’anniversario della promulgazione della Costituzione (2 giugno e 27 dicembre). In quelle due date la Gazzetta Ufficiale deve pubblicare gli elenchi dei nuovi insigniti con l’indicazione dell’attività svolta dal singolo insignito.
Quinto. È inoltre in via di perfezionamento una semplificazione delle insegne dell’Ordine, eliminando aquile e corone; al centro delle insegne ci sarà l’emblema della Repubblica che ricorda i valori del lavoro, della forza, della tenacia e la stella legata all’Italia fin dall’antichità. La croce dell’Ordine richiama quella del nostro Risorgimento, collegando idealmente la Repubblica ai valori che ispirarono i padri della Patria: unità, libertà.
I due principi sono riportati sull’insegna così come furono iscritti sui propilei del Vittoriano: Patriae Unitati, Civium Libertati, «Alla unità della Patria», «Alla libertà dei cittadini», per ricordarci come la conquista dell’indipendenza nazionale – della quale in questi giorni ricorre il 140° anniversario – fu per gli italiani anche la conquista di quei diritti che si affermarono pienamente solo con la Costituzione repubblicana. La Costituzione, appunto, che ha completato e coronato il Risorgimento nazionale.
Voglio aggiungere che nello spirito di questa manifestazione penso che sia sempre bene abbinare ad essa un evento culturale. Quest’anno, l’evento culturale è rappresentato dalla presentazione del libro che l’Enciclopedia Treccani ha curato, Il libro dell’anno.
Non mi resta che concludere con gli auguri più vivi a tutti i nuovi Cavalieri della Repubblica.